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Perché Sepulveda è presente per noi.

Nel Librificio di via Digione 18 a Torino, sede del piccolo gruppo editoriale Voglino Editrice – Didattica Attiva – Musica Practica, c’è il manifesto dello spettacolo La Gabbianella e il Gatto, produzione di Assemblea Teatro di cui sono e continuo ad essere interprete (superando le 400 repliche in tutto il mondo).

Perché è lì?

Ecco il motivo.
È più che un morandum. Serve per ricordare a me stessa (che sono presidente della casa editrice) e a noi che lavoriamo qui quale deve essere il nostro tipo di impegno: dar valore all’impegno sin ambito sociale e civile attraverso la rilevanza di messaggi e i contenuti all’interno di un racconto, la didattica attiva e creativa, l’importanza dell’estetica.
Quando chiesi a Luis come gli venne l’idea di questo racconto, mi disse, con parole semplici in modo che io potessi capirlo: «Guarda il cielo di Gijon. Ora vedi solo Gabbiani. Io voglio per mio figlio voglio un mondo così».
Già, lui seppe, attraverso questo racconto, toccare dei temi fondamentali. Nato da un’attenzione per la natura e, quindi, da un’operazione di sensibilizzazione contro i disastri ambientali mette fortemente in luce il tema della diversità in tutti i suoi contenuti:l’accettazione, la complicità, la cooperazione, l’accoglienza, la capacità di riconoscere i propri limiti, di chieder aiuto, di uscire dai propri schemi,…

Anche noi tutti della nostra casa editrice siamo in lutto. Luis aveva accettato di scrivere un racconto per noi. E questo è un altro segno della sua attenzione e del suo sostegno per i piccoli.
«Caspita, Lucho! Sarebbe stato un bel colpo!». E quanti racconti tuoi mancheranno ai tuoi appassionati lettori.
Adios, amigo Gato.

Allego qui sotto quanto scrissi il giorno 16 aprile 2020 per non dimenticarmi mai dei tuoi insegnamenti, per non scordarmi mai di te.

«Cris, sei disposta a imparare la Gabbianella e il gatto in spagnolo o dobbiamo cercare qualcun altro?» Questo è il solito modo di Renzo Sicco di mettermi di fronte a una non-alternativa. Fossi scema! La Gabbianella il gatto è mia e solo mia, guai a chi me la tocca!
«Certo, Renzo. Ora andiamo a farla in spagnolo, in Sudamerica?»
«No, a casa di Sepulveda!»
«Ma stai scherzando?»
«No, a casa di Sepulveda andiamo solo a mangiare, per il resto ci ha invitati alla Feira del Livro de Gijon a fare lo spettacolo in teatro».
(Io ho fatto il linguistico, e ho studiato inglese francese tedesco. Lo spagnolo non lo so. Ma cosa me ne frega!) «Ma certo che lo imparo!»

LA GAVYOTA E IL GATO nella sua lingua originale, così come l’ha pensata LUI, Luis Sepùlveda!
Pur di andare a casa di Luis e Carmen (le cui poesie mi fanno impazzire) e poter passare cinque giorni insieme a lui e a lei… Io imparo anche il sanscrito!

Tralascio la bellezza di Luis e di Carmen; il dolore per la perdita di Sepulveda è ancora così forte da non riuscire a parlarne.
Una parte di me vuole tenersi gelosamente tutto ciò che ci siamo detti e che abbiamo vissuto e il sapore del suo abbraccio intenso, silenzioso e interminabile a fine spettacolo.

Ma due cose le vorrei condividere perché mi piace parlare degli amici che non ci sono più ricordando gli aneddoti più divertenti.

Primo aneddoto: debutto con la Gavyota y el Gato nel teatro di Gijon. 6 febbraio 2007.
Con me in scena, Andrea Castellini e Licio Esposito.
Teatro sold out e, nelle ultime due file della platea, tutti i più grandi nomi della letteratura ispanica seduti accanto al loro amico Luis.
Verso la fine dello spettacolo, rapita dalla bellezza delle parole nella loro lingua madre, calco un po’ già del solito la mano sull’emozione del distacco tra la gabbia e il gatto. Dal palco vedo in sala Luis alzarsi e uscire, un secondo dopo è seguito da Carmen e, pochi minuti dopo, da un gremito gruppo di scrittori suoi amici. Tra me e me penso “Ho fatto schifo“. Faccio l’inchino, con i miei due colleghi saluto il pubblico, e mi rintano in camerino. Scoppio in un mare di lacrime convinta di aver fatto un’interpretazione terribile. Andrea e Licio, preoccupati e interdetti, non sanno come consolarmi.
Dopo 20 minuti di disperazione in camerino giunge Renzo Sicco che mi dice: «Sei contenta? Hai fatto piangere Luis come un bambino a tal punto che tutti sono dovuti uscire a consolarlo, prima sua moglie, poi i suoi migliori amici».
Come dire… ho asciugato le lacrime!
Mi sono cambiata in fretta, sono uscita nel foyer e… lì c’è stato l’indimenticabile lunghissimo abbraccio con Luis.

Secondo aneddoto: cena a casa sua. Ultimo giorno del festival.
Non abbiamo una foto di quella serata perché certe cose vanno solo impresse nel cuore e non nella memoria di un telefono.
Ricordo “il gigante buono”, sempre con il suo sigaro in bocca, in piedi dietro la parrilla continuamente a sfornare tutte le prelibatezze che la carne alla brace consente ai sudamericani DOC, e a porgerle personalmente a tutti i suoi invitati. E giù a bere vino.
Mai un invitato lasciato in disparte. Neppure noi. Adios, Luis. Addio, Luis. Mi mancherai. Ma tutte le volte che farò La Gabbianella e il Gatto,… tu sarai con me.

Tu, uomo, che hai dato luce all’ombra.
Tu, scrittore, che ci hai portati in viaggio tenendo il nostro cuore per mano.
Tu, cileno errante, combattente dei poveri e dei perseguitati.
Tu, amico a prima vista di tutti noi di ASSEMBLEA TEATRO.

 

Cristiana